Si può e si deve essere antifascist*

Oggi vi parlo di una tappa molto importante che ho fatto in Emilia Romagna, a Gattatico.
Vi parlo di questa gita perché, si parla di storia, di emozioni forti, e di famiglia.
Voglio parlarvi della famiglia Cervi, un nucleo famigliare composto da sette fratelli - tra cui due sorelle - , figli di Alcide Cervi e di Genoveffa Cocconi.
Appartenevano a una famiglia di contadini con radicati sentimenti antifascisti. Dotati di forti convincimenti democratici, presero attivamente parte alla Resistenza e presi prigionieri, furono torturati e poi fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia. La loro storia è stata raccontata, fra gli altri, dal padre Alcide Cervi, unico rimasto vivo, e poi morto nel 1970.
Papà Cervi ed Enrico Berlinguer.

Ma analizziamo la situazione più dettagliatamente: la famiglia Cervi è sempre stata molto moderna: le decisioni più importanti venivano prese di comune accordo, e soprattutto, la moglie di Alcide, nonché madre dei sette figli, Genoveffa, insegnava ai propri figli a leggere e scrivere.
Nel 1934, Alcide, stabilitosi con la famiglia nel podere di Campi Rossi nel comune di Gattatico, inizia l'attività di affittuario di un fondo in pessime condizioni che ben presto, grazie all'aiuto dei figli, renderà pienamente produttivo. In questa nuova realtà Alcide si occupa della vendita dei prodotti della fattoria. All'inizio della seconda guerra mondiale casa Cervi diventa un vero e proprio luogo del dissenso militare contro il fascismo e la guerra. Insieme ai figli maschi, Alcide costituisce la cosiddetta "Banda Cervi", che si dedicava alla lotta partigiana. Ed infine, uno dei fratelli Cervi, Aldo, il più anziano, costituisce nel Paese la prima cellula comunista nella zona, con altri quattro compagni.
Poco tempo dopo il cascinale della famiglia Cervi sarà porto sicuro per antifascisti e partigiani feriti, che fortunatamente riuscivano a non farsi catturare dai fascisti.
Nel 1940 il gruppo clandestino distribuisce volantini a favore della propaganda antifascista e nel 1943 finalmente aderiscono alla Resistenza, disarmando anche una caserma di Carabinieri.
Il 25 novembre 1943, i fascisti vengono informati da una spia che i fratelli sono tornati a casa: qui, i soldati, accerchiano casa Cervi, e inizia così una forte sparatoria, a cui però, la colpa, verrà addossata solo ai fratelli – tramite una tesi di cui avevano parlato durante il conflitto a fuoco -, così da salvare mamma e papà Cervi, le donne, e i bambini. I fascisti accettano, e portano gli stranieri al comando tedesco, mentre i Cervi e un reggiano vengono portati a Reggio Emilia dove il 27 novembre del 1943 vengono fucilati. Un dettaglio in cui però dobbiamo soffermarci è sicuramente uno - che probabilmente poche persone sanno - i fascisti, dopo aver fucilato i civili solitamente scrivevano il proprio nome su dei fogli, insieme a quelli dei morti, questa volta però non lo fecero, forse per la troppa vergogna: avevano distrutto un'intera generazione. Lo stesso Mussolini cerchiò i loro nomi, aggiungendo inoltre dei punti interrogativi.
Ma i fascisti avevano comunque un odio sfrenato verso questa povera famiglia in cerca di democrazia, e così il 10 ottobre 1944 ritornano di notte dando fuoco al fienile. L’8 gennaio, dello stesso anno, Alcide, riesce a fuggire dal carcere in cui era costretto a stare, e così apprese la morte dei suoi figli. La moglie, Genoveffa, invece muore un mese dopo l’incendio, ormai estenuata dal dolore e dalla perdita di tutto ciò che aveva di più caro.
Infine, l’anno successivo, a causa di un bombardamento – in questo caso, fortemente fortunato -, si riuscirono a trovare i corpi dei fratelli, così da poter donare loro un funerale degno del loro nome. 
Gattatico ( Emilia Romagna ).

Nel museo che troviamo in Emilia Romagna, possiamo scorgere la loro casa per intero, a partire dalla camera da letto, colme di foto, di crocifissi, un mobilio dell’800, e un quadro con la foto di un Comunista. Tra le foto troviamo i figli, e Genoveffa – quest’ultima foto viene messa da Alcide, per ricordarsi di lei, nonostante non ci sia più -. 
Camera da letto dei coniugi Cervi.

Fotografie dei figli e della moglie Cervi.


Finestra che dava a vedere le montagne.

Successivamente troviamo un’altra stanza, più piccola e più buia di un fratello e una sorella. Il giro continua con la cucina, colma di piccoli oggetti per fare la polenta, una grattugia, dei cestini, un tavolo gigantesco per tutte le persone che erano, e un mobile con attaccate due foto, vecchie, con tanti piccoli tagli intorno a sé.
Possiamo inoltre trovarvi di fronte la cantina, un posto freddo, proprio per mantenere i cibi il più freschi possibile. 
 
Piccoli oggetti in cucina.


Giuseppe Cocconi, fratello di Genoveffa Cocconi.


Si può poi uscire, e trovarvi una statua, un trattore e un mappando al di sopra – piccolo omaggio offerto dal venditore ad Alcide al suo acquisto: quest’ultimo poteva decidere tra quest’oggetto e una poltrona. Probabilmente l’uomo scelse proprio il globo perché era convinto che, tutti noi fossimo uguali, che il mondo, in qualche modo, doveva essere globalizzato -. 

Infine si trova un’ultima stanza che prevede l’ingresso a un ricostruzione simile al fienile: gli oggetti spesso sono semplici riproduzioni, proprio per tutti gli incendi appiccati dai fascisti. 

Una delle cose che forse, mi ha impressionata di più, sono tutte le foto che ho visto durante il percorso nel museo, quasi come se avessero paura di dimenticare il volto dei propri cari, o di chi stimavano. Ma sopra ogni cosa, regna il loro coraggio per donarci uno Stato Democratico, uno Stato che loro sognavano, ma che non hanno potuto avere.
E’ stata di certo una delle più belle esperienze che io abbia mai fatto: non si più solo studiare sui libri la storia, bisogna anche provare a viverla, e questo museo, insieme alle foto, ai ricordi, alle parole e ai video, mi ha fatta immergere a quelli che erano gli anni della seconda guerra mondiale.
Questo articolo non è stato pensato per il 25 aprile, ma la casualità ha voluto proprio che io lo pubblicassi in questo giorno importante per l’Italia.

























Commenti

Sara Pone ha detto…
Magari tutta la storia si potesse studiare così, avrebbe sicuramente un senso maggiore. Toccare con le proprie mani, vedere con i propri occhi sono le lezioni migliori. Grazie per aver condiviso questa storia così importante, ma così poco conosciuta. (E bellissime le foto) <3
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Hai proprio ragione.. La storia è così bella, ma è poco apprezzata - anche perché si studia solo sui libri praticamente, e dopo un po' diventa quasi monotona - vedere con i propri occhi è tutto molto diverso, è più bello!
Grazie a te Sara, le tue parole sono sempre gentili, sempre che capitano quando non sto bene.. Quindi grazie lo dico io a te!
Sara Pone ha detto…
Oh, figurati, mi fa solo che piacere! ♡
Vanessa Varini ha detto…
Non ero a conoscenza di questa toccante ed importante storia, grazie per averla condivisa!😘 Vedere con i propri occhi i luoghi dove sono accadute determinate vicende storiche, è un'esperienza che andrebbe sempre coltivata! A presto!❤
Tesoro sono super felice che questa storia ti abbia toccato il cuore! E poi mi fa un sacco piacere che, tramite una semplicissima ragazza come me, tu abbia acquisito nuove conoscenze sulla storia! In fondo, se non me l'avessero raccontato quest'anno, io non ne saprei proprio nulla, e questa storia mi ha emozionato parecchio!❤ Un forte abbraccio!

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