Tutto ciò che dovresti sapere sulla questione Sea Watch




Una nave, la Sea Watch, una capitana, Carola Rackete, 42 persone all'interno della nave da due settimane e un blocco che non gli permette di far scendere quelle 42 persone a Lampedusa.

La Sea Watch è una nave tedesca che è riuscita a salvare più di quaranta persone il 12 giugno al largo delle coste libiche.
Da esattamente il giorno dopo, il 13 giugno, la nave è completamente ferma al limite delle acque italiane: questo perché il nostro governo non ha approvato la disponibilità dei porti aperti alla nave, usufruendo di quello che è il Decreto Sicurezza bis approvato a maggio.

Qualche esponente politico tedesco si è anche dato disponibile ad accogliere tutte le persone presenti sulla nave, a condizione che l'Italia, però, li faccia sbarcare. La risposta del Ministro dell'Interno è stata: "La Sea Watch in Italia non arriva, può restare in mare fino a Natale e Capodanno."


La questione della Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo 


 
A questo proposito alcune persone al di sopra della Sea Watch hanno anche voluto provare a fare ricorso alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo, così da poter sbarcare. Vi è però una regola interna della corte che in realtà blocca questo meccanismo: la regola prevede che la persona può fare ricorso solo nel momento in cui è presente una situazione urgente; quindi, martedì, la corte ha respinto la richiesta, incitando ugualmente l'Italia a comportarsi da essere umano.

La corte, inoltre, ha respinto le richieste perché 10 giorni prima sono state fatte scendere dalla Sea Watch bambini, donne e uomini in condizioni di salute definibili precarie.

Questo non vuol dire che le altre persone presenti sulla nave stiano meglio: anche perché bisogna sempre ricordarsi che nel frattempo sono passati più di 10 giorni e che molti di loro hanno subito la prigionia prima d'essere stati salvati dalla Sea Watch.
La maggior parte, infatti, se non tutti è reduce da torture provocate nei lager libici, dove i diritti sono una visione mistica.
 
La Capitana della Sea Watch ha rilasciato anche un'intervista dicendo che se la decisione fosse solo sua avrebbe già fatto scendere queste 42 persone a Lampedusa, ma il prezzo da pagare sarebbe non solo alto, ma anche permanente: la confisca della nave e una multa non da poco. Non è una mera provocazione, ma aiuto umanitario e un dovere di chi ci "lavora" nel mare scritto anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare.


Infatti poche ore fa Carola Rackete ha annunciato che:


”Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo".

Nonostante le svariate intimidazioni da parte della Guardia di Finanza e della Guardia costiera.

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